Stiamo seguendo la strada giusta? Riflessioni sulla scienza economica

“Oikonomia” in greco ed “aeconomia” in latino sono le “norme per il buon governo della casa”. Il Ricossa1 evidenzia il primo vizio della “scienza” economica posto in luce dall’etimologia del termine (“nomos” cioè norma, regola), in altre parole la tendenza a creare una normativa, una serie di regole basate sull’osservazione di elementi diversi e disomogenei (politici, sociali, empirici, etici etc.) in modo sincretico o, peggio, confusionario.

Gli sforzi dei vari studiosi nel corso dei secoli furono indirizzati alla costruzione della “nomia” definendo addirittura queste regole “leggi dell’economia”.

L’analisi della materia economica, compiuta in tempi piu’ vicini ha prospettato che il “nisus”, vale a dire lo sforzo degli studiosi di conferire all’economia un carattere di scienza normativa ha, per converso, portato alla conclusione che l’economia2 ha un carattere entelechiano, piu’ precisamente un elemento di natura storica, cosi’ differenziandola dai fenomeni deterministici. Precisa il Bordin che non sempre le previsioni economiche si avverano, a differenza di quanto avviene nei fenomeni fisici o chimici, a causa di un imprevedibile elemento di natura storica che puo’ impedire il realizzarsi della previsione.

La prima cattedra d’economia venne data all’abate Antonio Genovesi da un mecenate napoletano nel 1754. Il Genovesi sostenne3 che il concetto di “economia domestica o della casa” si poteva estendere all’economia civile, sociale, nazionale, politica. In questo senso scrisse: “in effetto ogni comunità è come una famiglia benché un poco piu’ ampia”.

L’espressione “economia politica” apparve nel 1615 in una pubblicazione edita a Rouen: “Traicté de l’oeconomie politique dédié au Roi et à la Reine Mére par Antoine de Montchrestien”.

Da allora, in questa materia, sorse la confusione, che tuttora perdura, tra legge empirica, legge morale, leggi giuridiche, tra scienza economica ed applicazione di questa meramente assunta scienza ed, infine, tra economia politica e politica economica.

Neppure il Marshall4 eliminò l’equivoco terminologico e metodologico.

Intorno agli anni venti del secolo trascorso fiorirono gli studi dell’econometria, cioè un settore dell’economia dedicato alla verifica empirica di modelli formulati in ambito teorico.

Gli economisti R. Frish ed I. Fisher fondarono l’ “Econometric Society” il cui obiettivo era: “ favorire gli studi di carattere quantitativo che avvicinano il punto di vista teorico a quello empirico nell’esplorazione dei problemi economici”.

I modelli dinamici per l’analisi dei processi economici non hanno permesso la lettura del futuro ed in molti casi, come la formula del Fisher di cui si tratterà infra, non funzionarono affatto.

L’inglese W. Petty5 fu il fondatore della disciplina che indaga gli aspetti quantitativi e numerici dei sistemi economici Le osservazioni del Petty misero in luce i principi di divisione del lavoro e l’influenza delle tecniche produttive nella determinazione del prezzo delle merci.

Le teorie del Petty influirono in modo rilevante nell’economia del suo tempo. Sostenne ancora che una bilancia commerciale attiva non è un “bene in sé”, ma è utile solamente quando regola il livello di produzione. Queste intuizioni saranno sviluppate nei periodi successivi ed, oggi, rivisitate alla luce degli effetti dell’”onda secolare” pongono opportune visioni critiche al sistema di Maastricht.

Sotto altro profilo, il concetto di utilità marginale della scuola marginalista o neoclassica si pose in contrasto con l’opinione classica che il valore di scambio di una merce fosse regolato dalla quantità di lavoro impiegato per produrla. Questa concezione si rivelò limitata allorchè intervennero, nella successiva scansione storica, elementi diversi quali, ad esempio, l’aggregato fiscale e monetario, la finanziarizzazione dell’economia, la regolazione del reddito aggregato nonché l’influenza del Welfare State.

Tra i cenni introduttivi deve ancora essere esposto, in breve sintesi, il c.d. “Istituzionalismo”, cioè lo studio dell’economia attraverso le istituzioni che la fan funzionare. La scuola istituzionalista ha aperto la porta a fermenti critici che consentono di percorrere una via interdisciplinare, ampliando le analisi della politica, del diritto, dell’etica, della sociologia ed altro ancora.

Gli istituzionalistI analizzarono ancora la “statistica senza teoria”, in altre parole la mera descrizione e quantificazione matematica definita dai critici, talvolta ingiustamente, “senza capo né coda”.

Marx si servì del materiale empirico6 per prospettare un “portrait en laid” della società capitalistica. I fatti storici sulla condizione del proletariato non possono essere messi seriamente in dubbio. Ulteriori espressioni sulle ingiustizie sociali si rinvengono nelle encicliche papali di Leone XIII.

Ora, la Chiesa ha indicato i principi della mistagogia cristiana basati sulla solidarietà e sulla carità . Questi principi superiori non sono semplici teoremi umani e costituiscono un appello di giustizia e pace rivolto non solo ai cristiani, ma a tutti gli uomini.

Per converso Marx (ed anche Ricardo) da una mezza verità tratta da fatti storici ritennero di prospettare teorie o, peggio ancora, delle leggi immutabili.

Infatti Marx stesso ammise che i fatti storici (empirici per meglio dire) di cui si servì, erano stati scelti con il preciso scopo di esporre una tesi e non di costituirne il fondamento7.

La condizione del proletariato fu descritta con ulteriori approfondimenti anche da R.Romeo8.

Per ultimo dobbiamo osservare che l’ onda secolare, prodromica alle crisi globali, ha travolto questi sistemi, foriera di palingenesi suscettibili, ove non si ricerchino principi etici,

di gravissime conseguenze per l’umanità tutta.

Il Myrdal9 scrisse:

Credo che stiamo per vedere un rapido sviluppo della scienza economica nella direzione istituzionale, e che molto di quanto ora passa per raffinatissima teoria sembrerà all’indietro una temporanea aberrazione nel superficiale e nell’irrilevante.”

L’affermazione contiene una certa verità, tuttavia non possiamo essere sicuri che la scienza (che non è tale) economica si muova in tale direzione.

L’età dell’incertezza”, diceva il Galbraith. “ La storia è fatta così e noi non possiamo farci nulla” diceva il Bobbio.

La legislazione sociale deve esistere in ogni ordinamento: impensabile un’abolizione. Appare opportuno, in ogni modo, rammentare che un gesto di amore cristiano, di solidarietà e di carità verso il prossimo è meglio di tante teorie economiche che, sia detto per inciso, erano sbagliate o, peggio, portatrici di principi che hanno favorito l’uso anomalo della ricchezza a danno di molti e a favore di pochi.

Riteniamo che in Italia si stia seguendo la strada sbagliata. I fermenti di una rivolta globale appaiono “in nuce” e cio’ costituisce un pericolo da non sottovalutare. Tuttavia non è semplice eliminare forze storiche antagoniste verso le mutazioni, che, purtroppo, sovente avvengono in modo imprevedibile. Finché non si è risolto il problema dell’economia “di carta” e delle disuguaglianze tra paesi ricchi e paesi poveri, paesi di alto grado di civiltà ed altri fermi al medioevo o peggio, la situazione difficilmente potrà mutare. In questo scenario globale dobbiamo chiederci quale sarà la funzione del diritto. Kenneth Boudling10 sostiene che un certo procedimento di economia evolutiva puo’ comportare il pericolo di una dittatura mondiale lasciando inalterato il nome di democrazia. L’ulteriore conseguenza sarebbe la distruzione dell’umanità. Questo timore è particolarmente avvertito oggi, dal Popper e dal Bobbio in particolare: la mancanza di controlli, la criminalità economica e mafiosa ed i poteri occulti trovano un humus fertile nell’economia di carta.

n. 1 V. Enciclopedia del novecento, voce Economia

n. 2 A. Bordin Principi di scienza economica

n. 3 Lezioni di commercio o sia d’economia civile, edite negli anni 17666 e 1767, considerate tra le prime opere scientifiche in materia economica

n. 4 Principles of economics. London 1890

n. 5 Aritmetica politica

n. 6 V. Das Kapital , primo volume del 1867, Amburgo

n. 7 . M. Blaug Economic theory in retrospect. Homewood, III; 1968 pag. 86 nonché Storia e critica della teoria economica, Torino 1970

n. 8. Il capitalismo e gli storici a cura di F.A. von Hayek Firenze 1967 pag 8 e segg.

n. 9. Response to introduction. In “American economic rewiew” 1972, LXII pp. 457 – 462

n. 10 Economia politica 1973 ed altre