Ecco che si ritiene di dover diversificare la due fattispecie: nel caso di intervento edilizio sulla base di una DIA non rispondente ai requisiti di legge, un titolo abilitativo comunque c’è, che invece non esiste in caso di intervento edilizio in assenza di permesso di costruire o in difformità dallo stesso. Per questo motivo, in tale ultima ipotesi la tutela del privato passa attraverso la sollecitazione della P.A. all’esercizio di poteri sanzionatori con impugnazione dell’eventuale silenzio ai sensi dell’art. 21-bis l. n .1034/1971, mentre nell’altra ipotesi il privato solleciterà l’amministrazione ad agire in autotutela con la possibilità di impugnare comunque l’eventuale silenzio della stessa ai sensi del citato art. 21-bis. Qualora l’intervento edilizio fosse eseguito sulla base di una DIA conforme ai requisiti e presupposti di legge, visto il carattere discrezionale dell’autotutela, la P.A. quantunque sollecitata dal terzo, non adotterà alcun provvedimento di autotutela ma dovrà comunque adottare un atto (autonomamente impugnabile innanzi al giudice amministrativo) in cui spieghi il perché della sua decisione.
In particolare, dovrà spiegare perché ha ritenuto manchevole un interesse pubblico concreto e attuale, perché ha sacrificato la posizione dei controinteressati e perché ha ritenuto sussistere un affidamento del dichiarante. L’affidamento del dichiarante non è particolarmente intenso dal momento che si fonda su una dichiarazione del privato stesso, ne lo diviene a seguito dell’inutile decorso del termine per l’esercizio dei poteri inibitori giacché ciò non vale comunque ad accertare la regolarità della DIA. Altra questione degna di rilievo in tema di DIA è quella concernente la giurisdizione. La legge n. 80 del 2005 ha espressamente previsto la giurisdizione del giudice amministrativo in sede esclusiva. Trattasi di una scelta in linea con l’orientamento della Consulta discendente dalla nota sentenza n. 204 del 2004 secondo cui rientrano nella cognizione del giudice amministrativo non solo le controversie concernenti atti e provvedimenti della P.A. ma anche comportamenti ( benché non attizi ) strettamente collegati all’esercizio di un pubblico potere ( c.d. comportamenti amministrativi ). Tale è l’inerzia serbata dalla P.A. sull’istanza volta a sollecitarne l’agire in autotutela, trattandosi appunto, di comportamento inerente l’esercizio di funzioni di vigilanza e del potere di autotutela.
Dunque occorre distinguere tra comportamento materiale inerente l’intervento non autoritativo della P.A. e rientrante , pertanto, nella giurisdizione del giudice ordinario e comportamento amministrativo inerente l’esercizio di un pubblico potere e rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Quello che colpisce è che sono devolute al giudice amministrativo in sede esclusiva anche quelle controversie che in passato erano devolute al giudice ordinario sulla base del criterio della causa petendi : si pensi ai provvedimenti abilitativi (es. iscrizioni in albi professionali) il cui rifiuto da parte della P.A. comporta una negativa incisione su diritti soggettivi.
Con l’introduzione della DIA, la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo, ciò che determina una situazione paradossale: in passato le attività economiche private erano assoggettate a regime amministrativo ma la giurisdizione era del giudice ordinario, oggi, invece, le attività economiche private sono liberalizzate ma la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo.