L’assegnazione dell’abitazione familiare nella separazione tra coniugi - separazione e divorzio

In sede di provvedimenti provvisori e urgenti il Presidente del Tribunale dispone in ordine all’assegnazione della casa coniugale ad uno dei coniugi, sulla base dell’art. 155 quater c.c. L’incipit della norma, che impone al Giudice di tenere prioritariamente conto dell’interesse dei figli, deve essere inteso nel senso che qualora vi siano figli minori l’assegnazione segue, di regola, l’affidamento della prole.

Al fine di preservare i minori dal rischio di aggiungere al disagio già derivante loro dalla separazione dei genitori anche l’ulteriore pregiudizio consistente nello sradicamento dalla loro abitazione, e, in buona sostanza, dalle loro abitudini di vita, la casa viene assegnata al genitore presso il quale i minori mantengono la residenza anagrafica. Analoga prassi vige nell’ipotesi di convivenza con figli maggiorenni non economicamente autosufficienti. Parallelamente, nel determinare la misura dell’assegno di mantenimento a carico del coniuge non assegnatario, il Giudicante dovrà opportunamente tener conto delle maggiori spese cui questi andrà incontro per reperire altra sistemazione alloggiativa.

Diversamente, in assenza di prole (o in presenza di figli maggiorenni economicamente autosufficienti) potrà non farsi luogo all’assegnazione, neppure a vantaggio del coniuge economicamente più debole, in quanto tale misura non può essere disposta come se fosse una componente dell’assegno di separazione, allo scopo di sopperire alle esigenze economiche di tale coniuge (Cass. 20-04-2011 n. 9079).

E’ opportuno sottolineare che l’assegnazione può avere ad oggetto soltanto la casa che ha costituito, in costanza di matrimonio, la residenza familiare – indifferentemente in proprietà di uno o entrambi i coniugi o in locazione – con esclusione, pertanto, di altri immobili (ad es., case di villeggiatura o seconde case). La casa viene assegnata arredata e corredata, al netto dei beni strettamente personali del coniuge non affidatario. L’assegnazione, inoltre, si estende alle pertinenze dell’immobile che siano oggettivamente al servizio di questo. Normalmente non può disporsi l’assegnazione parziale della casa, a meno che non si tratti di immobile comodamente divisibile in due unità immobiliari che, per estensione e tipologia di servizi, risultino perfettamente indipendenti ed adeguate. Si dovrà però valutare con estremo rigore l’interesse dei minori rispetto ad una soluzione alloggiativa di questo tipo, che risulterà, pertanto, auspicabile (e praticabile) solo nel caso di assenza di conflittualità tra i coniugi.

Nell’ipotesi di abitazione coniugale di proprietà di terzi e concessa ai coniugi, ad es., in comodato, prevale attualmente nella giurisprudenza l’orientamento che vuole preminente il diritto di proprietà sul diritto riconosciuto in capo all’assegnatario, il quale sarà pertanto obbligato a rilasciare la casa su richiesta del comodante, secondo la normativa che disciplina l’istituto (v. Cass. 07-07-2010 n. 15986).

Quanto alla natura del diritto del coniuge assegnatario, come specificato nello stesso art. 155 quater si tratta di un diritto personale di godimento e non di un diritto reale, che non può essere costituito per ordine del Giudice.

Il diritto può essere revocato nel caso in cui l’assegnatario non abiti nella casa familiare o contragga nuovo matrimonio o intraprenda una stabile convivenza. In ogni caso, il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’art. 2643 c.c. Si è, in questo modo, data collocazione sistematica al principio, già recepito nella legge sul divorzio, che consente di paralizzare l’eventuale alienazione a terzi, da parte del coniuge non assegnatario, dell’immobile di sua esclusiva proprietà assegnato all’altro.

A cura dell'Avv. Daniela Caddeo