Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare

L’art. 570 c.p. prevede tre autonome fattispecie di reato, tutte inerenti alla violazione degli obblighi derivanti dallo status di coniuge o di genitore.

Se la malversazione e la dilapidazione dei beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge ( co. 2 n. 1) costituiscono certamente, nella prassi, ipotesi residuali, ben più frequente è l’ipotesi di chi, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottragga agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori o alla qualità di coniuge (co. 1) e, soprattutto, l’ipotesi di chi faccia mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge non legalmente separato per sua colpa ( co. 2 n. 2).

L’abbandono del domicilio, ovvero il persistente ed ingiustificato rifiuto della coabitazione, rileva esclusivamente quale strumento dell’inadempimento agli obblighi di assistenza morale ed affettiva nei confronti del coniuge e della prole, che si traduca, ad es., nell’indifferenza e nel disinteresse nei loro confronti.

L’obbligo del mantenimento dei figli grava su entrambi i genitori per il fatto stessi di averli generati e permane, fino al raggiungimento dell’indipendenza economica, indipendentemente dalle vicissitudini del matrimonio o della convivenza di fatto, e finanche nell’ipotesi di decadenza dalla potestà genitoriale; né l’eventuale assolvimento dell’obbligo da parte di uno dei genitori vale a liberare l’altro: al contrario, il genitore adempiente potrà domandare al Giudice Civile la condanna dell’inadempiente alla rifusione di quanto anticipato per suo conto.

Ciò precisato, e come anche di recente affermato dalla Corte di Cassazione (sentenza N. 25596 del 02-07-2012) non qualsiasi omessa corresponsione del contributo al mantenimento dei figli integra gli estremi del reato di cui al co. 2 n. 2. Occorre che l’agente abbia intenzionalmente e continuativamente fatto mancare all’avente diritto i mezzi indispensabili a soddisfare le necessità primarie, essenziali, della vita (quali l’abitazione, il vitto, il vestiario, l’istruzione). In tale particolare accezione, dal contenuto più ristretto rispetto al concetto civilistico di alimenti, devono essere, difatti, intesi i mezzi di sussistenza. Occorre, inoltre, che la violazione dell’obbligo di assistenza materiale abbia causato al soggetto passivo uno stato di effettivo bisogno (si pensi al caso della persona offesa costretta a ricorrere all’aiuto economico di familiari ed amici). Non potrà, invece, ritenersi idonea la condotta del genitore che per un breve periodo di difficoltà economica abbia corrisposto in ritardo l’assegno di mantenimento, trattandosi, al più, di inadempimento dell’obbligazione civilistica.

La legge N. 74/1987 ha introdotto un’ipotesi speciale del delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, relativa al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno divorzile, alla quale si applica la pena prevista dall’art. 570 co. 1 c.p.

Giova, infine, sottolineare la procedibilità a querela della persona offesa, ad eccezione dei casi previsti al co. 2 n. 1 e, quando il reato è commesso nei confronti di minori, al co. 2 n. 2. Ciò ad evidenziare la maggiore gravità del reato commesso a danno dei minori, per i quali lo stato di bisogno è in re ipsa.