I Lemming

I am human, I am a mistake. Sono uomo, quindi fallibile!
Le tragedie storiche succedute alle crisi del 1873 e del 1929 sono state espresse sovente dagli studiosi con un linguaggio non corrispondente  al pensiero. Gli sforzi umani che non sono riusciti a frenare l’inevitabile corso della storia ed evitare le grandi tragedie, non si sono quasi mai ispirati al motto: “Docta humilitas”.

Ho preferito, quindi, in questo breve scritto, indossare la veste apologetica, dismettendo, ma soltanto per un attimo, la mia toga non abbandonando le analisi sulla funzione del diritto nel campo dell’economia.

L’uomo è un animale, talvolta, ragionevole e soggetto alle leggi biologiche di madre natura.

I comportamenti umani sono paragonati da qualche letterato  a certi  animali  (p.es. l’aquila, la volpe, il somaro e via dicendo) e ciò, pur potendo apparire una mera “fictio” letteraria od  un’allegoria, rivela certe attitudini od istinti della natura umana che inducono alla riflessione. Il contrario lo troviamo nelle favole di Fedro, Esopo e La Fontaine, ove gli animali rispecchiano i difetti dell’umanità.

Un esempio significativo ci è offerto dai lemming, graziosissime arvicole con pelliccia; si nutrono di vegetali, vivono nella tundra e sono dotati di unghie che consentono di scavare il ghiaccio sino a raggiungere la terra per cavare le erbe, bacche o radici delle quali si nutrono.

La  struttura anatomica è la loro forza, poiché consente di sopravvivere alle decimazioni invernali alle quali sono soggetti altri selvatici.

Di conseguenza sono molto prolifici e si moltiplicano velocemente, aumentando a dismisura il numero di individui della stessa specie.

La loro forza è anche la loro debolezza. Il soprannumero altera la catena trofica, cioè il circuito alimentare; in sostanza il cibo non è bastevole per tutti gli individui.

Lo stesso fenomeno, in misura minore, lo si osserva anche nei capridi selvatici (cervi, caprioli, daini).  A differenza di questi animali che d’inverno scortecciano le piante distruggendo, se in gran numero,  intere foreste per procurarsi il cibo indispensabile alla loro sopravvivenza, i lemming – costretti dalla fame  e  dall’esplosione demografica - emigrano, come altri roditori,  in modo irrazionale attuando una caotica fluttuazione nella quale, sovente periscono subendo, in tal modo, la selezione naturale.

Gli ecologi hanno osservato che  nei corsi d’acqua ovvero  nel mare si sono rinvenute le carcasse di lemming affogati. Secondo gli studiosi della materia questo fenomeno è dovuto alla spinta dell’ orda che fa precipitare da dirupi i lemming capifila i quali, cadendo nell’acqua, annegano.

La fantasia popolare e gli scrittori hanno costruito il mito dei topi suicidi,  come dire: “ cupio dissolvi”, asserzione che non ha, come è noto, alcun fondamento scientifico. Questo mito si è atteggiato ad una metafora letteraria riferibile ad un piano emotivo. Primo Levi nel libro “Verso Occidente” ed altri scrittori si ispirarono a questa leggenda.

Questa metafora, espressa in modo elegante dagli scrittori, in realtà induce a riflettere sui comportamenti umani che, consapevolmente o meno, tendono all’autodistruzione. In particolare vengono in luce i soggetti che, singolarmente o in massa, seguono, in modo irrazionale e senza alcuna sostanziale verifica, quei principi che conducono, nel tempo, a conseguenze pericolose od addirittura fatali.

Un fondo di verità c’ è in questo mito!

Se i lemming affamati si scontrano, nel loro caotico peregrinare in cerca di cibo, con i lemming sazi, non è difficile prevedere quel che puo’ succedere, soprattutto se si tratta di lemming armati.

Il bisogno spinto da necessità ineliminabili da un lato e, d’altra parte, una oligarchia caparbia che non vuol cedere nemmeno il superfluo, potrebbero realizzare, non solo sul piano letterario, il mito dei lemming e, contemporaneamente, il trionfo dell’irrazionale.

Quos vult perdere Jupiter dementat prius!